La spesa pubblica pro-capite nel Sud è pari a 13.394 euro, nel Centro-Nord è pari a 17.065 euro. Conte dovrebbe ricordarlo ai governatori leghisti
Riportiamo di seguito, un articolo di Andrea Del Monaco pubblicato su Huffington post il 30/7:
https://www.huffingtonpost.it/entry/suddivisione-della-spesa-pubblica-un-po-di-chiarezza-sui-dati-regionali_it_5d400b28e4b01d8c9780fa93
Ecco la prima fake news leghista da smentire: lo Stato spende per i meridionali più che per i settentrionali? Falso! Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte dovrebbe ricordarlo al presidente lombardo Attilio Fontana, al presidente veneto Luca Zaia e al presidente emiliano Stefano Bonaccini.
L’intera spesa pubblica pro-capite al netto degli interessi nel Sud è pari a 13.394 euro, nel Centro-Nord è pari a 17.065 euro. In Campania è pari a 12.084 euro, in Puglia a 13.042 euro, in Calabria a 13.605 euro, in Sicilia a 13.686 euro. Al contrario di quanto sostengono la Lega e il Pd del Nord, la spesa pubblica procapite in Veneto arriva a 14.188 euro, in Emilia Romagna a 16.375 euro, in Lombardia a 16.979 euro. Tale suddivisione della spesa pubblica, evidenziata in tabella 1, è profondamente iniqua e impedisce ai meridionali di accedere ai diritti di cittadinanza come i settentrionali.
Il vicepresidente Luigi Di Maio, capo politico dei M5S, dovrebbe ricordarlo al vicepresidente Matteo Salvini, capo politico della Lega. Dovrebbe ricordarlo e bloccare l’attuazione dell’autonomia se vuole conservare i voti al Sud. Perché i meridionali sono tacciati dai settentrionali di vivere a loro spese se i dati sono quelli succitati? Perché è frequente un uso fuorviante di dati incompleti. Lo ha spiegato la Svimez in una Nota dal Titolo “Regionalismo differenziato e diritti di cittadinanza in un Paese diviso” del 9 aprile 2019. Tale nota illumina con dati completi il dibattito sul regionalismo differenziato.
Ministro Lega Erika Stefani pubblica sul sito del suo ministero dati su spesa pubblica che contengono solo la quota regionalizzata della spesa.
Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna chiedono l’autonomia usando dei dati incompleti sulla spesa pubblica che rappresentano le loro regioni come quelle più povere nei trasferimenti dello Stato alle Regioni. Il Ministero guidato dalla leghista Erika Stefani, sul sito del Dipartimento per gli Affari regionali e le Autonomie, ha pubblicato alcuni dati della Ragioneria Generale dello Stato (RGS) per quantificare “quanto spende lo Stato per le competenze da trasferire”. I dati sono tratti dalla pubblicazione della Ragioneria Generale dello Stato dal titolo “La spesa statale regionalizzata” e riportano, per l’anno 2017, la stima provvisoria della spesa dello Stato con riferimento alla sola quota di spesa regionalizzata, quota che vale il 43,4% del totale della spesa dello Stato.
Attenzione, la stessa Ragioneria, nella suddetta pubblicazione “La spesa statale regionalizzata”, esplicita la parzialità di tali dati di spesa raffigurati in tabella 2. La spesa pubblica pro capite al netto degli interessi in Lombardia è pari a 2333 euro, in Emilia a 2669 euro, in Veneto a 2697 euro. Nel Centro-Nord è pari a 3375 euro, in Italia a 3539 euro, nel Sud 3853 a euro, in Campania a 3401 euro, in Puglia a 3350 euro, in Basilicata a 3718 euro.
Ma se la spesa statale regionalizzata è il 43,4% del totale della spesa dello Stato come si arriva al 100%? La differenza dell’ulteriore 56,6% è costituita da spesa non regionalizzabile (23,0%) e da erogazioni a Enti e Fondi, erogazioni considerate non regionalizzate (33,6%). La regionalizzazione della spesa statale si fonda sulla ripartizione territoriale dei pagamenti del bilancio dello Stato, come risultano dal Rendiconto Generale ed è effettuata eminentemente sulla base dei dati analitici disponibili presso i sistemi informativi della RGS (in particolare quelli sui mandati di pagamento), dati che permettono di estrarre informazioni utili all’allocazione territoriale, anche a livello di singola operazione di pagamento. Le tre regioni che chiedono l’autonomia sarebbero quelle più svantaggiate nel riparto della spesa pubblica. Per tale ragione pretendono una sorta di “restituzione” dal Sud.
Conti pubblici territoriali su spesa pubblica procapite del settore pubblico allargatp: nel sud 13.394 euro, nel nord 17.065 euro
Al contrario è il Sud ad avere diritto a una restituzione dal Nord. Non solo perché la tabella 2 riporta dei dati incompleti. Non solo perché alla spesa riportata in tabella 2 mancano i dati della spesa non regionalizzabile e i dati delle erogazioni a Enti e Fondi. Ma soprattutto perché, per conoscere veramente la spesa pubblica al Sud e al Nord, occorre usare i dati del sistema dei CPT, i Conti Pubblici Territoriali, sistema parte del Sistema Statistico Nazionale: i dati CPT comprendono i flussi finanziari (pagamenti definitivi e riscossioni effettivamente realizzate) dell’intero operatore pubblico, di cui la spesa dello Stato è una parte. Inoltre i dati CPT permettono analisi sia sulla Pubblica Amministrazione (PA) sia sul Settore Pubblico Allargato (SPA): esso comprende, oltre alla PA, i flussi finanziari di soggetti, nazionali e locali sui quali è presente un controllo (diretto e indiretto) da parte di Enti Pubblici.
Inoltre i CPT, grazie all’estrema articolazione dei dati e alla capillarità della rilevazione, monitorano il complesso delle risorse finanziarie pubbliche che affluiscono in ciascun territorio con caratteristiche di completezza, qualità, affidabilità e comparabilità e ricostruiscono gli effetti distributivi/redistributivi di ciascun soggetto.
In conclusione vediamo la differenza tra i dati RGS e i dati CPT. La spesa dello Stato, al netto degli interessi, di fonte RGS, intendiamo spesa dello Stato regionalizzata, nella media degli anni 2014-2016, è solo il 28,2% della spesa analoga della Pubblica Amministrazione e il 22,4% della spesa del Settore Pubblico Allargato di fonte CPT. Ultimo ma non meno importante, il 47,8% della spesa non regionalizzata dalla RGS riguarda le Politiche previdenziali, il 17,6% la spesa in Diritti sociali, politiche sociali e famiglia: sono due dei settori cruciali su cui Lombardia, Veneto ed Emilia chiedono l’autonomia regionale, e sono anche i settori la cui spesa è esclusa dalla regionalizzazione nei dati RGS dall’origine poiché gli erogatori finali sono gli Enti di previdenza ovvero Enti nazionali con spesa non regionalizzabile.
Che significa? Che la spesa per pensioni e welfare non è compresa nella tabella 2 e che Lombardia, Veneto ed Emilia se ne dimenticano. Inoltre alcuni servizi essenziali al cittadino (sanità, trasporti, servizi igienico-ambientali, ecc.), che incidono sia sulla qualità della vita sia sulla distribuzione delle risorse pubbliche, sono gestiti non dallo Stato, ma da altri soggetti, sia soggetti strettamente pubblici (come le Regioni/Asl per la sanità), sia soggetti partecipati da soggetti pubblici. Ergo focalizzarsi solo sulla spesa pubblica erogata dallo Stato, o dalla sola PA, può fornire una rappresentazione distorta della spesa pubblica.
Al contrario occorre analizzare la spesa pubblica pro-capite al netto degli interessi del SPA, il Settore Pubblico Allargato. Il periodo di riferimento è la media degli anni 2014-2016. In tabella 1 abbiamo i dati citati all’inizio. Qual è la differenza abissale con la tabella 2 pubblicata dal Ministro Stefani? In tabella 2 le quattro regioni meno finanziate dalla spesa pubblica sono Lombardia, Emilia Romagna, Veneto. In tabella 1 le quattro regioni meno finanziate dalla spesa pubblica sono Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. E indovinate qual è la seconda regione più finanziata? Il Lazio, presieduto dal segretario Pd Nicola Zingaretti: spesa pubblica pro capite 22.130 Euro. Per questo, Zingaretti vuole l’autonomia come Bonaccini.