Riportiamo di seguito l'articolo di C. Figaia, pubblicato su Il Tirreno - Ed. Massa Carrara del 20 Febbraio 2016.
MASSA. La rivincita dei supplenti passa dal tribunale di Massa. Dove il giudice del lavoro Augusto Lama accoglie i ricorsi di oltre cinquanta fra insegnanti e personale Ata (leggi: bidelli, collaboratori amministrativi) e condanna il Miur, cioè il Ministero dell’Istruzione, ad assumere in modo stabile i supplenti – cosa che, tuttavia, è già avvenuta grazie alle graduatorie ad esaurimento in cui i lavoratori erano inseriti – a pagare loro un risarcimento per il danno subito pari a un anno di mensilità; a riconoscere gli scatti di anzianità maturati dai ricorrenti negli anni di precariato. E anche a pagare le spese processuali, che sono 1.500 euro per ciascun ricorso.
Una storia da raccontare, che inizia nei primi anni Duemila e arriva fin quasi ai giorni nostri. Sono gli anni in cui questi professori di medie e superiori (un po’ di tutte le materie) vengono chiamati per supplenze annuali o di poche settimane. Per troppe volte, però, fino a superare i 36 mesi fissati dalla legge come limite massimo per la ripetizione di contratti a termine. Docenti e bidelli fanno dunque causa al ministero per ottenere l’assunzione a tempo indeterminato: “Se ci chiamano per anni a fare supplenze non possono continuare a trattarci da lavoratori a tempo determinato, cioè precari che vengono assunti e licenziati alla bisogna”, ragionano i ricorrenti. A sostenere la loro azione legale sono numerosi studi legali specializzati in diritto del lavoro (dall’avvocato Daniele Baldini allo studio Martini, dalle avvocatesse Marta Marchetti e Michela Poletti allo studio Valettini) in una specie di class action fatta di 46 ricorsi (alcuni collettivi) che finisce sul tavolo del giudice Lama.
Siamo negli anni 2011-2012, il processo va avanti a rilento e, intanto, pian piano, tutti i ricorrenti vengono stabilizzati: ottengono cioè l’immissione a ruolo grazie all’esaurimento delle graduatorie in cui erano inserite. Senza dover aspettare la sentenza. Che, quando arriva è comunque a tutto favore di insegnanti e personale Ata.
Il giudice, infatti, riconosce che la legislazione italiana e le direttive europee in materia di diritto del lavoro impongono la trasformazione giuridica del rapporto di lavoro in lavoro a tempo indeterminato quando tale rapporto è “di fatto” già un rapporto stabile e ha superato i limiti del lavoro determinato. Invano gli avvocati del ministero e dell’ex Provveditorato controbattono che la normativa del settore scolastico è “speciale” e che le specifiche esigenze del servizio scolastico giustificano la non conversione dei contratti “a tempo” in contratti stabili: il giudice Lama, non solo sentenzia che l’assunzione è un obbligo, ma condanna anche il Miur a risarcire i ricorrenti per il “danno subito da un uso illegittimo dei contratti a termine. Fissando tale risarcimento in 12 mensilità dell’ultima retribuzione percepita dai ricorrenti. Le sentenze, inoltre, dispongono il riconoscimento degli scatti di anzianità retributivi ai ricorrenti e condannano il ministero al pagamento delle spese legali.
Le sentenze sono immediatamente esecutive e i legali dei prof già potrebbero andare al provveditorato a battere cassa per avere il risarcimento – si tratta di 15-20mila euro per ciascuno. Probabilmente non lo faranno in attesa del prevedibile ricorso in appello da parte del Miur che con queste sentenze dovrebbe sborsare una cifra ben superiore al mezzo milione di euro. Intanto, è in arrivo un altra raffica di ricorsi: una trentina pare, sempre sullo stesso tema.
Claudio Figaia