Pubblichiamo di seguito l'interessante lettera al Corriere Fiorentino di Ludovico Arte, Dirigente scolastico dell’Istituto Tecnico per il Turismo «Marco Polo» di Firenze .
Caro direttore, «la storia siamo noi», dice una bella canzone di Francesco De Gregori. Forse dovremmo ricordarcelo più spesso. Anche a scuola.
La scuola naviga tra ritardi, difficoltà organizzative e poche risorse. Come al solito. Per scelte politico-culturali precise che in questi anni l’hanno trascurata, screditandone l’immagine di fronte all’opinione pubblica e alimentando un malessere legittimo negli insegnanti e nel personale amministrativo, tecnico e ausiliario, Ata. E non ci si è accorti di quanto impegno e quanto talento ha dovutomettere in campo per sopperire alle tante difficoltà. Detto questo, cosa vogliamo fare? Chiuderci in una trincea di rancore dalla quale inveire contro la cattiva politica? Abbandonarci ad un sentimento di depressione ispirato dall’idea che tanto le cose non cambieranno mai? Fare il meno possibile perché siamo tutti sottopagati e poco considerati? Ci conviene? E conviene alla scuola ed alla società?
Credo che potremmo fare un’altra scelta. Riprenderci la scuola ed essere noi stessi a restituire al nostro lavoro la dignità ed il valore che negli ultimi anni ci è stato negato. Come? Lavorando intanto su due piani: portare avanti rivendicazioni politiche per una scuola migliore e mettere in campo tutte le nostre energie e le nostre intelligenze per produrre un rinnovamento «dal basso».
Provo ad indicare alcune vie di un possibile cambiamento.
- In assenza di futuro, costruiamo il presente. Nel nostro Paese, per ragioni politiche e culturali, non è oggi possibile fare programmi a lunga scadenza. Prendiamone atto. Siamo tutti ormai diventati professionisti dell’emergenza. In questo quadro è meglio concentrarsi sul «qui ed ora», mettere in campo azioni rapide che possano produrre risultati immediati.
- Mettiamo al centro le persone, non le procedure. Siamo tutti sommersi da mille procedure, cavilli normativi, labirinti di responsabilità, che ci impantano e ci fanno trascurare le persone. Invertiamo le cose. Dedichiamoci prima alla cura delle persone. Degli adulti e dei ragazzi. Le procedure sono importanti, ma vengono dopo. Troppe volte capita che l’operazione sia riuscita ma il malato è morto. Non va bene.
- Definiamo un’idea moderna di educazione. A scuola si parla troppo poco di didattica e di educazione. Le porte delle aule sono chiuse e non c’è confronto di idee e di esperienze. Le nuove tecnologie, ad esempio, vengono introdotte senza discutere di come utilizzarle, l’interculturalità è nei fatti, ma noi non siamo preparati ad affrontarla. E dei bambini e dei ragazzi di oggi vogliamo parlarne? Ne sappiamo abbastanza? E come facciamo a lavorare con loro se non li conosciamo davvero?
- Rinnoviamo i contenuti ed i linguaggi del dibattito sulla scuola. Meno discussioni da «anime belle», colte ma generiche, nelle quali si registra spesso un facile unanimismo. Misuriamoci invece sui fatti, su quello che facciamo, sulle nostre pratiche quotidiane, su come affrontiamo i problemi.
- Cambiamo le forme della democrazia a scuola. I decreti delegati sono stati importanti, ma ormai sono superati. La democrazia a scuola funziona poco. Apriamo un dibattito serio tra di noi su come far partecipare in un modo nuovo docenti, personale Ata, studenti e genitori alla vita della scuola.
Cambiare si può. Ma dobbiamo credere veramente che la scuola siamo noi.
Ludovico Arte, Dirigente scolastico dell’Istituto Tecnico per il Turismo «Marco Polo» di Firenze
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