Anche il 2016 è iniziato con l'instancabile propaganda del Governo sui mirabolanti risultati delle riforme e sul fatto che la ripresa è in atto: il paese, finalmente rimesso in carreggiata, non riesce a decollare solo per l'ottuso pessimismo dei soliti "gufi". Sarebbe quindi solo la mancanza di ottimismo a non farci apprezzare il calo della disoccupazione, l'aumento degli stipendi (ben € 80 l'anno), l'abbassamento delle tasse, ecc. Per non parlare, ad esempio, degli interventi sulla scuola che ha visto 100.000 assunzioni (meglio chiamarle stabilizzazioni!) e un'inversione di tendenza rispetto a nuove risorse per il settore.
E' vero, le assunzioni/stabilizzazioni sono aumentate (ma non poteva essere altrimenti, visto l'incentivo di € 24.000 in tre anni di sgravi fiscali per le aziende che assumevano persone senza un rapporto di lavoro a tempo indeterminato da almeno un anno). Ma queste agevolazioni scenderanno, già dal 2016, a € 6.000 in due anni: vedremo se le aziende saranno sempre in grado di stabilizzare i rapporti di lavoro e capiremo se ha funzionato l'abolizione dell'articolo 18 oppure lo sgravio di € 24.000! Certo, speriamo che l'economia riparta davvero e che i posti di lavoro nascano, perché ce n'è bisogno: resta preoccupante l'esplosione dell'uso dei voucher per i lavori periodici, aumentato del 300%. Si assiste quindi a una "polarizzazione" del mercato del lavoro, con un aumento contemporaneo dei contratti stabili e della precarizzazione tramite i voucher: vedremo nel 2016 cosa questo comporterà.
Il 2016 avrebbe anche dovuto essere l'anno del rinnovo dei contratti del pubblico impiego, perché gli € 8 previsti dalla legge di stabilità per questo anno non possono rappresentare un punto di arrivo. E nemmeno un punto di partenza: è una vergogna proporre una cifra del genere a lavoratori che hanno gli stipendi bloccati da 8 anni e vedono le proprie condizioni di lavoro peggiorare giorno dopo giorno. Le continue invasioni legislative sulle norme contrattuali stanno indebolendo la qualità stessa del lavoro pubblico: lo strumento contrattuale deve tornare a rappresentare anche un'occasione per rilanciare il servizio pubblico e riqualificarlo, a partire dal coinvolgimento degli stessi lavoratori.
Ritrarre i dipendenti pubblici limitandosi alle vicende di Sanremo o a quelle, più recenti, del Museo arti popolari di Roma non rende giustizia a tutti quei lavoratori che, con la propria responsabilità, mandano avanti i servizi. Ancora di più dovremo mettere in campo iniziative concrete e mobilitare i lavoratori: non è in gioco solo l'aumento contrattuale, ma anche un modello culturale e sociale. Soltanto riscoprendo una cultura dell'etica e della moralità del lavoro possiamo riscattare la pochezza attuale della politica e ricostruire una partecipazione alla "cosa pubblica" che è mancata negli ultimi anni. La responsabilità del sindacato e, in particolare, della CGIL è grande: dovremo stare in campo su tutti questi temi, curando nella maniera più efficace l'interesse dei lavoratori senza perdere di vista la necessità di richiamare una nuova cultura. Andrà in questa direzione la raccolta di firme a sostegno della Carta universale dei diritti del lavoro, un percorso che dovrà influenzare il referendum confermativo sulle riforme istituzionali proposto dal Governo. Insomma, un 2016 in cui non potremo concederci distrazioni, ma dovremo impegnarci al massimo per ritrovare insieme la strada della giustizia e dell'equità sociale.
Alessandro Rapezzi