Nel 1992 mi sono laureata con la ferma intenzione di diventare insegnante. Ai tempi esisteva, in via Alamanni, il Provveditorato agli Studi. Adesso si chiama Centro Servizi Amministrativi ed è in via Mannelli. Ai tempi portavi fotocopie autenticate in Comune per compilare le domande. Adesso ognuno scannerizza in proprio, compila da solo e si presenta virtualmente in questa piazza professionale. Ai tempi le convocazioni venivano fatte per la strada, con il megafono. La gente stava, dalla notte prima, in attesa delle graduatorie. Scenari apocalittici, legati ai desideri, alle opportunità, ad un'Italia strana con due velocità, quella dei migranti del lavoro culturale (i supplenti annuali) e quella dei neolaureati che si affacciavano al mondo della scuola in modo poco organizzato. L'organizzazione diventava immantinentemente necessaria e self-made perché era finalizzata alla sopravvivenza. Passavano nomi, numeri, turni, solidarietà. Ed era sempre questo periodo: dalla metà di luglio alla metà di agosto. Dovevi essere vigile perché, altrimenti, se ne sarebbe andata la tua possibilità di lavorare, quindi erano giorni tesi, faticosi, solidi.
Non ci mescolavano mai con gli altri lavoratori della scuola: l'impero romano aveva insegnato l'efficacissimo "dividi et impera" quindi ATA e collaboratori nascevano solo quando entravi a scuola, con il foglio della nomina. Adesso, nella solitaria piazza virtuale, non si possono condividere informazioni. La FLC è diventata una delle poche sigle che si prende carico dei precari, non solo in termini economici (la tessera ha un costo simbolico), ma soprattutto nell'offrire quella rete di relazioni, informazioni e supporto che, spesso, prima, si creava dalla vicinanza fisica, adesso perduta nel web. Anzi, la solitudine del precario ha esasperato l'atteggiamento "homo homini lupus", il cagnesco della lotta tra poveri, il livore di chi ha perché è più furbo, tanto che diventa un obbligo morale per un sindacato come la CGIL mostrare e soprattutto praticare un altro mondo e modo di essere possibile. E a volte sembra perduta la generosità delle persone che danno perché tutto appare merce, appare scambio e non più bene. I volontari che prestano servizio per dare consulenza hanno questo dentro, ricordano bene il valore di quelle parole che cambiavano un anno di lavoro e ringraziano, gratis, a posteriori, altri nuovi precari con la loro cura.
Tutto adesso è diverso, invisibile. Ma rimane lo stesso disagio di coloro che vivono due mesi estivi aspettando graduatorie, nomine, opportunità e queste persone, docenti, ATA, collaboratori, sono coloro con cui condividiamo, sui banchi di scuola, i nostri ragazzi e le nostre ragazze. Prendiamocene più cura.
Elisabetta Grandis