Articolo di Frida Nacinovich 5.06.13 in L'officina del lavoro - Settimanale di attualità sindacale:
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Firenze resistente, quando l’università fa scuola
Se gli anglo-beceri hanno scritto alcune pagine della storia fiorentina degli ultimi due secoli, c’è anche chi, come John Gilbert, è arrivato dagli Stati Uniti per innamorarsi della città di Dante e Machiavelli. Gilbert lavora da ventisei anni nell’Università di Firenze come lettore di madrelingua. Ne ha vista passare di acqua sotto il Ponte Vecchio. L’ateneo del capoluogo toscano, come tutte le altre università italiane, ha dovuto fare i conti dalla fine degli anni ottanta ad oggi con una lunga serie di riforme. Provvedimenti che si sono rivelati perlopiù fallimentari, che sono stati contestati con motivazioni puntali solo dagli studenti di sinistra e dai lavoratori, di cui Gilbert è da tempo rappresentante sindacale. L’ultimo governo Berlusconi ha lasciato in ‘regalo’ all’intero settore pubblico la legge Brunetta. “La vita nell’università è nettamente peggiorata – racconta Gilbert – i lavoratori sono stati colpiti due volte: nella loro dignità visto che l’allora ministro ci chiamava ‘fannulloni’ un giorno sì e l’altro pure e nella possibilità di fare contrattazione”.
Sono quasi quattromila i lavoratori dell’università di Firenze, mille e cinquecento i tecnici-amministrativi, duemila trecento fra professori e ricercatori, cento lettori insegnanti di madre lingua. “Sono stato assunto nel 1987 – ricorda Gilbert – all’epoca c’era una sola tipologia di contratto precario, oggi ce ne sono almeno dodici. Fra co-co-co, co-co-pro e via dicendo quella dei contratti è ormai una piccola giungla, dove diventa sempre più difficile fare chiarezza per tutelare i diritti di chi lavora”. Lo sanno bene quelli della Rsu, alle prese ogni giorno con rapporti di lavoro sempre più atipici e meno pagati. La Cgil, con i suoi 600 iscritti, è di gran lunga il sindacato più popolare nell’Università di Firenze. La Cisl ha meno di duecento tesserati, la Uil una quarantina, il sindacato di base Snals una trentina.
In questi ultimi vent’anni, i lavoratori dell’ateneo fiorentino si sono distinti nelle iniziative di lotta contro le politiche di numerosi governi, non solo di centrodestra. Certo è che le mobilitazioni più intense e massicce si sono avute quando il Miur era guidato da Letizia Moratti e Maria Stella Gelmini, due berlusconiane doc. “Abbiamo lottato contro la Gelmini – sottolinea Gilbert – fino a raggiungere, nel 2010, dopo tre lunghi anni di mobilitazioni, la stabilizzazione di cento precari tecnici-amministrativi. Purtroppo la legge Brunetta ha fatto uscire dalla contrattazione tutta una serie di materie sulle quali prima potevamo intervenire”. La tradizione di lotta di quella che oggi è la Flc-Cgil è ancora più antica, solo per fare un esempio non fu certo blanda la mobilitazione contro l’accordo sui servizi pubblici essenziali del 1996, che di fatto ledeva il diritto di sciopero.
Ma è con Maria Stella Gelmini che la situazione nelle università italiane è precipitata. “La sua riforma – tira le somme Gilbert - ha comportato una riorganizzazione gerarchico aziendale degli atenei. Il Senato accademico ha perso la sua capacità di rappresentanza in favore dei consigli di amministrazione. Un passo decisivo verso l’università-azienda. Da allora lottiamo quasi quotidianamente per ridurre i danni che una simile organizzazione può provocare alla didattica e alla ricerca, per trovare il modo di preservare gli spazi democratici”.
Alle ultime elezioni delle Rsu, lo scorso anno, la Flc-Cgil ha registrato un ulteriore aumento della sua rappresentanza. “Siamo passati dal 56 al 67% delle preferenze. Oggi contiamo dodici delegati su diciotto in Rsu e i tre rappresentanti del personale contrattualizzato eletti in Senato accademico sono tutti nostri, oltre ai numerosi iscritti fra i rappresentanti dei professori e ricercatori. Per il Consiglio di amministrazione addirittura ci hanno dato mano i docenti, perché fosse eletto un nostro rappresentante tecnico-amministrativo fra i cinque membri interni”.
L’ultima rivoluzione nelle università italiane ha portato alla scomparsa delle vecchie facoltà, che sono state sostituite dai dipartimenti. “Una riorganizzazione complessiva – aggiunge Gilbert – che ha coinvolto non soltanto il corpo docente ma anche l’intero settore tecnico-amministrativo. Un cambiamento di vasta portata, che abbiamo dovuto affrontare con le armi spuntate dalla legge Brunetta. Nonostante tutto siamo riusciti a costringere i vertici dell’Università a firmare un protocollo d’intesa sulle linee guida della mobilitazione del personale per la riorganizzazione dell’ateneo”.
Al di là del lavoro quotidiano in ateneo, la Rsu e la Flc Cgil sono diventate negli anni un vero punto di riferimento per la sinistra fiorentina. “Abbiamo catalizzato intorno a noi molte realtà di movimento – dice con soddisfazione Gilbert – dalla mobilitazione contro la guerra infinita dell’epoca Bush, alla difesa della Costituzione repubblicana nata dalla resistenza contro il nazi-fascismo, fino alle battaglie civili al fianco degli immigrati”. Di più, questa attività delle a Flc-Cgil ha portato anche ad attivare un rapporto stretto con i collettivi universitari e il coordinamento degli Studenti di Sinistra. Un caso unico o quasi nell’intero panorama nazionale degli atenei italiani.
Nonostante i continui tagli al fondo di finanziamento ordinario dell’università, Firenze è riuscita a resistere: nella crisi generalizzata l’ateneo continua a essere molto apprezzato dagli oltre cinquantamila studenti attualmente iscritti e dalle autorità indipendenti che lo certificano come uno dei migliori d’Italia, sia per la didattica che per la ricerca. Anche grazie alla sua combattiva Rsu, egemonizzata dalla Flc-Cgil, di cui Gilbert è segretario dal 2011. “Da qualche anno riusciamo a lavorare in sintonia con i delegati Filcams-Cgil – alcuni eletti nel Comitato degli Iscritti della Flc di Ateneo - dei circa 350 lavoratori in appalto delle portinerie e della pulizia”. Si tratta di un caso di contrattazione di ‘filiera’ unico nelle Università italiane.
“All’inizio – ammette Gilbert – ci siamo trovati di fronte al netto rifiuto dell’Amministrazione a ricevere i delegati degli appaltati perchè ufficialmente ‘l’Ateneo non è il loro datore di lavoro’. Ma alla fine siamo risusciti a costringere l’Amministrazione a ‘contrattare’ le condizioni di lavoro degli appaltati con noi”. Un modello da esportare, come la lingua volgare di Dante Alighieri.