Dopo la Buona Scuola, la Nuova Università: il Governo continua nel suo piano di destrutturazione dell'istruzione pubblica.
Francesca Puglisi, responsabile nazionale della scuola del PD, sta lavorando al progetto di Nuova Università e si è premurata di dichiarare che “gli atenei del futuro obbediranno a regole di budget con relativi controlli. E basta.” Sulla privatizzazione, insiste, “ci sono due scuole di pensiero: una che prevede di tramutare immediatamente tutte le Università in Fondazioni. Lo potremmo fare domattina. L'altra, che vuole arrivare allo stesso risultato, intende abrogare tutti i vincoli legati alla pubblica amministrazione.”
Una totale deregolamentazione, che mette a rischio la stessa sopravvivenza di diversi atenei (soprattutto nel Sud) e che significa per il personale (docenti e ricercatori compresi) lo stravolgimento del quadro normativo a cominciare dall'applicazione del contratto a tutele crescenti, cioè del Jobs Act. In questa ipotesi, il personale infatti non rientrerebbe più nello stato giuridico pubblico; vale la pena ricordare che nelle fondazioni il contratto più applicato è quello del commercio, che comporterebbe evidenti ricadute sull'orario (40 ore settimanali) e sul salario.
In compenso si prevede l'assunzione dall’estero di 500 “cervelli” o superdocenti, probabilmente a chiamata diretta e di mille ricercatori su 24.000 precari.
In una situazione ormai di effettiva azzeramento del Diritto allo Studio, nulla si dice sull'accessibilità degli studenti alla cosiddetta “Nuova università”, ma la recente modifica del calcolo ISEE tradisce comunque le intenzioni su tasse e sussidi.
Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro
La copertura economica stanziata per il rinnovo del CCNL nel pubblico impiego è di 200 milioni, che corrispondono a circa 7€ lordi mensili per lavoratore (8€ nei calcoli più ottimisti): uno sberleffo, che per molti potrebbe anche costare salato, visto che probabilmente a fronte del nuovo contratto verrebbe contemporaneamente richiesta l'applicazione della legge varata da Brunetta sulla “valutazione”, che dispone a priori l'esclusione del 25% del personale dalla riscossione dell'accessorio.
Preliminare al rinnovo contrattuale è la definizione dei nuovo comparti del pubblico impiego, che il governo vuole fortemente ridotti di numero. Il rischio è che l'operazione comporti l'allineamento al ribasso di professionalità e trattamento economico, come si sta verificando nella mobilità intercompartimentale.
Legge di stabilità
L'Università è il comparto più “attenzionato”.
I soldi stanziati ancora non compensano i tagli operati da Tremonti: nel 2016 il finanziamento sarà ancora ridotto di 100 milioni.
Per quanto riguarda il personale tecnico-amministrativo l'art. 16 comma 8 dispone che l'ammontare delle risorse del trattamento accessorio del personale non può superare l'importo determinato per l'anno 2015 ed è automaticamente ridotto in proporzione alla riduzione del personale in servizio. Questa disposizione blocca lo spiraglio che si era aperto quest'anno con la possibilità di stabilire risorse aggiuntive e di aumentare il tetto dell'accessorio in caso di riorganizzazione.
In realtà anche nel 2015 i revisori dei conti hanno finora bloccato tutti i tentativi di determinare risorse aggiuntive per l'accessorio negli Atenei che l’avevano contrattato.
L'art. 30 comma 17 dispone poi la possibilità dell'incorporazione delle aziende ospedaliero sanitarie nelle aziende sanitarie locali a costituzione di “aziende sanitarie uniche” con modalità definite da semplici protocolli d'intesa tra regioni e università. Nessuna contrattazione è prevista a garanzia del personale socio sanitario dell'università, automaticamente scorporato.
Un tale sistema di governo sempre più autoritario, che rifiuta ogni confronto con le parti sociali interessate ed i cittadini, configura una situazione conflittuale nuova ed ineludibile: si tratta ormai di garantire diritti fondamentali in quanto costitutivi della stessa cittadinanza.
Tecnici-amministrativi, lettori/cel, ricercatori e professori, strutturati e precari, devono fare fronte comune con gli studenti per una mobilitazione nazionale che possa bloccare l’ennesima controriforma del Governo Renzi, una mobilitazione in difesa dell’Università pubblica a partire dal Diritto allo Studio, dalle assunzioni dei precari, dal rinnovo del CCNL e dalle condizioni economiche e di lavoro di tutto il personale!